Weapons Collection
Weapons Collection
This rich collection is entirely displayed in the Gallery of Arms, a room of great impact, in which the objects are placed on antique chests, while the pole arms and swords are noteworthy in the racks along the walls. “In style” and original objects flank each other, creating a great scenographic impact.
Spada da lato, composita
Iacomo Dieppi, Milano
Circa 1650, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1157 mm (970-24 mm), 990 g
Inv. 1117
Galleria delle Armi
Spada con impugnatura moderna di legno avvolta da filo di ferro a cordelline e filetti che termina con un pomo ovoide a dieci faccette.
Il blocchetto è sagomato e decorato con intagli, mentre i bracci sottili si presentano rientranti in senso opposto, terminando a ricciolo. Anche la guardia è sottile e termina a ricciolo.
Sull'arma si nota anche un grande anello e una valva a conchiglia ampia.
Il fornimento, nella sua interezza, si palesa con toccature ornamentali.
La lama della spada si presenta stretta a sezione di losanga con due ovati sormontati da una crocetta con all'interno una "M" maiuscola coronata al centro del ricasso. L'ovato destro reca la scritta "IACOMO", mentre l'ovato sinistro riporta il nome "DIEPPI".
Spada da lato a tre ponti, composita
Johannes Moum, manifattura tedesca e manifattura milanese
Circa 1630 e fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1170 mm (977-30 mm) 950 g
Inv. 1146
Galleria delle Armi
La spada possiede un'impugnatura di legno avvolta da filo di ferro con un pomo ovoide cordonato a metà altezza e un blocchetto appuntato con una parata rientrante in alto; purtroppo, parte della parata è mancante.
La guardia e la parata terminano a ricciolo.
La controguardia è composta da quattro capi intagliati, mentre il codolo forma il ricasso con una lama scanalata al forte che prosegue a sezione esagonale.
La lama, lavorata dal fabbro "J8HANNIS M8UM", è punzonata due volte al forte e si presenta in pessime condizioni.
Striscia da lato a tre ponti
Ludovico Fontana, Milano
Circa 1630
Acciaio, legno, filo di ferro, rame e argento
1292 mm (1125-15 mm), 1300 g
Inv. 1139
Galleria delle Armi
La spada ha un'impugnatura avvolta da cordelline tortili e teste di moro in filo di ferro, con un pomo sferoide a stiacciature esagone alterne.
La guardia è ampiamente incurvata in alto e terminante con ricciolo al sommo, mentre la controguardia è formata da uno in quattro capi.
La lama sottile a sezione di rombo ha un ricasso sodo con il nome "LUDOVICO / FONTANA" punzonato sulla destra e la scritta "ALA LVNA IN MILANO" sulla sinistra.
Busto di armato
Malta o manifattura italiana
Inizi del XVII secolo
Acciaio già dorato, piombo dipinto, legno dipinto, cuoio
1400 g
Inv. 1319
Galleria delle Armi
La scultura rappresenta un giovane fante a piedi vestito con un corsaletto, armato con una borgognotta, una goletta e un petto costolato ornato con la croce dell'Ordine di Malta.
L'armamento indossato era comune in Europa tra la fine del Cinquecento e il primo decennio del Seicento.
La scultura è in legno, come anche il sostegno, mentre la testa è in piombo dipinto al naturale (presenta cadute di colore e abrasioni a causa del pessimo stato di conservazione).
Potrebbe essere stato un ex voto proveniente da una chiesa dell'Ordine di Malta, finendo successivamente nel mercato antiquario a causa della soppressione delle chiese dell'ordine in seguito all'Unità d'Italia.
Corsaletto da piedi, composito
Manifattura bresciana
1575-1580 (?)
Acciaio
12590 g
Inv. 1280
Galleria delle Armi
Il corsaletto è composto da parti di tre armamenti diversi.
La borgognotta è leggera, priva di visiera e con un'ampia cresta, mentre la goletta, appartenente allo stesso corsaletto, è formata da due lame per il collo e altre per il padiglione.
I due spalletti, composti rispettivamente da tre e cinque lame, e la protezione del braccio, con un semicannone inferiore, una cubitiera con alette e un semicannone per l'antibraccio, provengono da un secondo corsaletto. Mancano le manopole.
Il petto, invece, appartiene al primo corsaletto, caratterizzato da una bombatura centrale e una costolatura in mezzeria. Al centro è presente un'incisione con la scritta "PALA COL", realizzata in epoca successiva, sotto la quale si trovano le lettere "A" e "Q" e la parola "PALLO" incisa all'interno di un rettangolo di circa 16 mm. La schiena, liscia e semplice, appartiene anch'essa al primo armamento.
Le scarselle brevi, formate da sei lame, provengono da un terzo corsaletto.
Si tratta di un corsaletto da "munizione", originario di Palazzolo sull'Oglio, un comune che faceva parte della milizia territoriale veneta. Questo tipo di armamenti, prodotti a Brescia, è noto come "da cernide".
Brocchiere
Manifattura bresciana
Circa 1600
Acciaio inciso, seta
Ø 58.6 cm
3750 g
Inv. 1160
Galleria delle Armi
Il brocchiere ha una forma circolare convessa, con bordo rialzato e un ornamento a sei foglie intagliate al centro da cui esce un brocco massiccio.
La superficie è incisa a nastri mistilinei politi che formano cinque spartiti, ognuno con una figura di cavaliere armato. Lungo il bordo c'è una fascia con trofei, strumenti musicali e animali fantastici.
L'incisione a nastri politi è tipica della lavorazione bresciana intorno al 1600, con influssi francesi, fiamminghi o veneziani.
Sul retro, c'è una frangia di seta rossa moderna e i resti della struttura metallica relativa al cuscino d'appoggio per la mano.
Brocchiere
Manifattura bresciana
Circa 1600
Acciaio inciso, seta
Ø 58 cm
3050 g
Inv. 1162
Galleria delle Armi
Il brocchiere ha, sulla superficie metallica, varie sfagliature.
La decorazione a nastri intrecciati politi espone all'interno di sei formelle tre figure maschili armate in piedi, una figura femminile non identificata e tre rappresentazioni di Giuditta con in mano la testa di Oloferne.
Stiletto
Manifattura bresciana
Circa 1600
Acciaio intagliato
272 mm (175-8 mm), 100 g
Inv. 1295
Galleria delle Armi
Lo stiletto, con impugnatura a pomo a cuscino, seguita da un manico a balaustra, indica una cura per il design e la funzionalità, rendendolo non solo un utensile ma anche un oggetto decorativo.
Il blocchetto prismatico e i bracci brevi che terminano con cuscini suggeriscono un’elegante lavorazione, mentre l'intaglio a sfogliami e fiori attesta l'abilità artigianale dell'epoca.
La lama, pur essendo ossidata e con la punta spezzata, mostra dettagli affascinanti: il dado punzonato con i tre puntini in un cerchio ovale e undici punte è un elemento distintivo, potenzialmente utile per la datazione o l'attribuzione del pezzo a un determinato laboratorio o artigiano.
Le decorazioni geometriche sulla lama sono indicative di stili particolari, mentre la sezione romboidale potrebbe suggerire un uso specifico o una preferenza estetica. Anche se presenta segni di usura, questi dettagli arricchiscono la storia del coltello, rendendolo un pezzo significativo per lo studio della metallurgia e dell'arte applicata.
Stiletto
Manifattura bresciana
Circa 1660
Acciaio intagliato
526 mm (398-20 mm), 360 g
Inv. 1299
Galleria delle Armi
Lo stiletto è formato da un'impugnatura con manico a balaustra, diviso a metà da un disco e con il pomo a calotta appoggiato su un calice un alto.
Dal blocchetto rettangolare escono i bracci brevi che terminano a imbuto.
Il fornimento è ornato con piccoli intagli a fogliame.
La lama, molto lunga, è a sezione triangolare.
Corsaletto da piede composito
Manifattura bresciana e manifattura milanese
1580 (?), seconda metà del XIX secolo
Acciaio inciso
10290 g
Inv. 1215
Galleria delle Armi
Il corsaletto rappresenta un esempio affascinante di armatura del tardo Cinquecento, caratterizzata da una composizione complessa e un mix di elementi provenienti da diverse origini. La presenza di quattro armamenti differenti e le scarselle brevi con dodici lame molto strette indicano una certa versatilità, sebbene le rimaneggiature suggeriscano un uso intenso e la necessità di adattamenti nel tempo.
La parte del petto, costolata, e la schiena semplice mostrano scelte stilistiche diverse, il che potrebbe riflettere l'evoluzione dei gusti e delle tecniche di lavorazione nel periodo. La ridecorazione parziale ad acido, eseguita secondo le tradizioni lombarde, aggiunge un ulteriore strato di complessità, sebbene il disegno nella parte moderna risulti scadente, potrebbe rivelare tentativi di mantenere o ripristinare l'aspetto originale.
I tondi con busti, i cartigli con figure armate e i trofei fitomorfi evidenziano la ricca iconografia che caratterizzava le armature di prestigio, anche se l'ossidazione della superficie mette in evidenza il passare del tempo e la necessità di una conservazione attenta. Questo corsaletto non è solo un pezzo di equipaggiamento, ma anche un documento storico che racconta delle sue molteplici vite e delle modifiche che ha subito nel corso dei secoli.
Armatura composita
Manifattura bresciana e manifattura milanese
Circa 1600, seconda metà del XIX secolo
Acciaio inciso
16150 g
Inv. 1371 - 1383
Galleria delle Armi
L'armatura è composta, partendo dall'alto, da: un elmetto da cavallo con visiera sana, la goletta, petto e schiena, spallacci, semi-cannoni superiori e inferiori con cubitiera, antibraccio e manopole a clessidra e gambiere con cosciale, ginocchiello con ala, schiniere e scarpe a lame.
Su quasi tutta la superficie della corazza sono presenti incisioni ad acquaforte a liste e spartiti contenenti grottesche, trofei e formelle con figure tra fogliami stilizzati.
L'elmo è stato rimaneggiato in tempi successivi, come dimostrato dalle dorature a galvanoplastica sul coppo.
Di fattura moderna sono le scarselle, le gambiere e le scarpe, composte da lamine tagliate grossolanamente e non da acciaio forgiato.
Questa armatura è un esempio di armature composite prodotte con materiali autentici, ma con integrazioni moderne che non rispettano le tecniche originali.
Armatura composita
Manifattura bresciana e manifattura milanese
Circa 1600, seconda metà del XIX secolo
Acciaio bronzato, gravato, parzialmente dorato e argentato
19020 g
Inv. 1311
Galleria delle Armi
L'armatura è costituita, nella parte superiore, da un elmetto da corazza con visiera a gabbia e una goletta che copre il collo; gli spallacci e i tancali a sei lame sono attaccati alla schiena e al petto senza resta.
Le braccia sono composte da semicannoni superiori e inferiori, seguiti da cubitiera, antibraccio e manopole a clessidra.
La parte inferiore dell'armatura include le gambiere composte dal cosciale, ginocchiello con ala, schiniere e scarpe a lame.
La superficie bronzata ha decorazioni incise e placcate d'oro e d'argento, compreso un grande cartiglio con lo stemma di San Marco e un'arma gentilizia.
L'interno è stato foderato in cuoio nel XIX secolo. Questa armatura utilizza parti di armamenti antichi assemblati con parti moderne e decorato in stile seicentesco. La base dell'armatura, infatti, è un corsaletto da corazza del XVI secolo.
La bronzatura, molto iridescente, è stata probabilmente aggiunta nel XIX secolo per conferire unitarietà all'insieme e risalto alla decorazione.
Elmetto da cavallo
Manifattura bresciana e manifattura milanese
Circa 1610, fine del XIX secolo
Acciaio bronzato, dorato e argentato;
2380 g
Inv. 1347
Galleria delle Armi
L'elmetto è dotato di una cresta, una pennacchiera dorata, un bordo cordonato e una ventaglia soda con bordo inferiore ribassato.
La tesa è girevole e cuspidata sulla fronte.
L'acciaio è stato bronzato con listelli dorati che contengono gigli araldici dorati con legamento d'argento e stelle/soli dorati al centro e con raggi argentati.
Un elmo simile, ma senza gigli e ornamenti astrali, fu venduto all'asta della collezione del conte Vittorio Melzi, che ebbe luogo a Milano nel maggio del 1889. Non ci sono prove che i fratelli Bagatti Valsecchi abbiano partecipato all'asta, ma il catalogo è conservato nella biblioteca della loro casa museo.
Corsaletto composito
Manifattura bresciana e manifattura milanese
Fine del XVI secolo (?), seconda metà del XIX secolo
Acciaio
12600 g
Inv. 1171
Galleria delle Armi
Il corsaletto è composto, nella parte superiore, da un elmetto da cavallo, non originale, dotato di una visiera moderna e da una goletta formata da una lama del collo e dalle lame del padiglione con bordi lisci.
Due ampi spalletti, ciascuno con tre o quattro lame, completano la struttura. La protezione del braccio include un semicanone inferiore, una cubitiera completa di alette e un semicannone per l'antibraccio. Mancano le manopole.
Il petto, profondamente costolato al centro, e la schiena sono molto semplici. Le scarselle brevi sono costituite da sei lame ciascuna.
La superficie del corsaletto è molto ossidata.
Centoventi, composita
Manifattura bresciana e manifattura milanese
Metà del XVII secolo, fine del XIX secolo
Acciaio intagliato, legno, fili di ferro e di rame
405 mm (280-10 mm), 160 g
Inv. 1356
Galleria delle Armi
Il coltello presenta un'impugnatura moderna, composta da un manico di legno a forma ovale, rivestito con fili di ferro e rame a cordelline, filetti e teste di moro; oltre al pomo ci sono gli elsetti, lisci e a forma di oliva.
La lama si distingue per un nodo sagomato al tallone, che continua a sezione triangolare.
Sprone a rotella
Manifattura dell'America centrale, Messico (?)
Inizio del XIX secolo
Acciaio inciso ed intagliato a giorno
300 g
Inv. 1324
Galleria delle Armi
La forcella è sagomata e intagliata a giorno, con una grande rotella che ha un cerchio a otto raggi e diciannove punte al posto della classica stella.
Le branche piatte sono decorate con due cordonature all'arco e un intaglio cuoriforme alle estremità.
La grande rosetta intagliata a grovigli con sei lobi sforati in doppia serie è collegata al brevissimo collo.
Questo design permette un'azione più misurata, evitando il rischio di infierire sull'animale con le lunghe punte della stella.
Baraki, testiera da cavallo
Manifattura dell'Anatolia
Prima metà del XV secolo
Acciaio
1240 g
Inv. 1187
Galleria delle Armi
La testiera, chiamata Baraki nel mondo islamico, faceva parte della barda che proteggeva il cavallo in battaglia.
Il manufatto si presenta costolato in mezzeria e lateralmente, convesso al sommo con la tesa sagomata a mezzaluna e con lo spazio per gli occhi incavato.
Non ha alcun elemento decorativo.
Le testiere di provenienza islamica si distinguono da quelle europee per la mancanza dei paraocchi e dei paraorecchi, poiché la cultura islamica cerca di avere un'intesa armonica tra cavallo e cavaliere.
Spada da lato a tre ponti, composita
Manifattura delle Fiandre e manifattura milanese
Circa 1630, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1270 mm (1095-25 mm), 1460 g
Inv. 1148
Galleria delle Armi
La spada presenta un'impugnatura moderna con il legno avvolto da filo di ferro disposto a filetti, cordelline e teste di moro.
La parte superiore dell'arma si conclude con un pomo di forma ovoide a dodici faccette.
Ha uno scudetto triangolare, con bracci diritti leggermente ringrossati nella terminazione e un'ampia guardia che presenta anch'essa un ringrossamento nell'elemento aperto saliente.
La controguardia si compone di uno in tre capi.
La lama ha una sezione a losanga ed è presente un ricasso poco sgusciato; quest'ultimo è punzonato due volte con uno scudetto coronato contenente tre gigli.
Musoliera da cavallo
Manifattura di Norimberga
Circa 1550, 1570
Acciaio brunito e intagliato a giorno
1000 g
Inv. 1182
Galleria delle Armi
La musoliera è un elaborato accessorio per cavalli, progettato per contenere il muso del destriero. Realizzata con una lavorazione "a giorno", presenta una serie di dettagli decorativi: al centro, una lista con ghiande sovrastata da uno scudetto con un'aquila bicipite, simbolo del casato d'Asburgo, e ai lati erme femminili e delfini fantastici. Sulla parte inferiore, una lucertola è accompagnata da mostri e altri animali fantastici. La parte posteriore è costituita da scaglioni tenuti insieme da una catenella.
I destrieri, cavalli da combattimento, dovevano essere massicci e resistenti, capaci di sostenere un carico complessivo di 170-200 kg, tra cavaliere, armatura e armi. Tuttavia, era necessario che fossero anche energici e agili. Per ottenere questi tratti, gli allevatori europei, come quelli presso le corti degli Estensi di Ferrara, dei Gonzaga di Mantova e dei sovrani di Napoli, incrociavano razze nordiche con purosangue spagnoli e arabi. Nonostante gli sforzi, questi cavalli da guerra spesso si dimostravano difficili da domare.
In Occidente, a differenza degli islamici che preferivano cavalli femmine per la loro affidabilità, si usavano solo stalloni per la battaglia, considerati più aggressivi ma anche più problematici da gestire. La musoliera non serviva solo per controllare il temperamento dei destrieri, ma anche per motivi igienici, impedendo che i cavalli mangiassero cibo avariato, causa di coliche letali.
Morione tondo
Manifattura di Norimberga
Circa 1560-1570
Acciaio
1780 g
Inv. 1338
Galleria delle Armi
Il morione è un copricapo a forma di barchetta dall'ampia tesa appuntata ad ambedue i lati.
Nato nel primo quarto del Cinquecento, il morione veniva utilizzato prevalentemente dalla fanteria, dai picchieri e da altri corpi di armati a piedi e deriva dal capacete, un cappello d'arme di origine spagnola utilizzato fino al XIII secolo. I modelli spagnoli erano del tipo aguzzo, quelli tedeschi e italiani, invece, presentavano la cresta alta.
La forma stravagante della tesa nasce probabilmente dall'impiego del morione da parte di corpi di archibugieri e di moschettieri, che necessitavano di un copricapo che non disturbasse in volto e consentisse di prendere bene la mira.
Morione tondo
Manifattura di Norimberga
Circa 1560-1570
Acciaio
1500 g
Inv. 1341
Galleria delle Armi
Il morione è composto da due metà ribadite, un coppo ribassato e una cresta di grandezza media con un filo gravato a lunghi traversi.
La tesa a barchetta ha i contorni cordonati e gravati come il filo della cresta e presenta sul lato destro il "punzone di Norimberga" alto circa 9 mm.
Il morione era destinato alle truppe a piedi, essendo leggero e realizzato con lamine sottili di acciaio. La cresta, ampia, era progettata per deviare il colpo del picchiere, di cui questo esemplare mostra ancora la traccia.
Anche se resistente ad armi come spade e lance, non era in grado di proteggere dagli attacchi di moschetto.
Il morione presenta alcune rosette acciaiate decorate nei pressi del cranio.
Corsaletto da fante a piedi composito
Manifattura di Norimberga e manifattura tedesca meridionale o manifattura italiana settentrionale
Circa 1560, 1600, seconda metà del XIX secolo
Acciaio, in parte annerito
11245 g
Inv. 1181
Galleria delle Armi
Il corsaletto presenta una borgognotta priva di visiera e spalletti a sei lame ciascuno. Il braccio è costituito da un semicannone inferiore, cubitiera e semicannone di antibraccio.
Il busto ha un'ampia schiena e un petto profondamente costolato detto "a tapul", con le lame di panziera alle quali sono attaccate le scarselle di sette lame che arrivano fin sopra il ginocchio.
La borgognotta, la gola e il petto presentano il PUNZONE DI NORIMBERGA in tre dimensioni diverse, tra i 5 e i 9 mm di altezza.
Le decorazioni, sulla superficie annerita, consistono in liste polite sulla borgognotta e in un ampio campo lasciato bianco sul petto.
Il corsaletto è stato integrato nell'Ottocento con spalletti e scarselle appartenenti a un altro armamento seicentesco di provenienza diversa, mentre la gola è moderna.
Spada da lato a due calotte, composita
Manifattura dei Paesi Bassi e di Toledo, manifattura milanese
Circa 1640, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1105 mm (955-20 mm), 1255 g.
Inv. 1142
Galleria delle Armi
Spada con impugnatura moderna, realizzata in legno, avvolta da filo di ferro disposto a cordelline e teste di moro. In cima presenta un pomo ovoide a tredici faccette.
Il blocchetto è largo e cuspidato, da cui si diramano i bracci lunghi e diritti.
La guardia è incurvata verso l'alto. Due ponticelli e due valve a calotta decorati con dischetti e otto stelline.
La lama è stretta e presenta un ricasso sgusciato, che prosegue a sezione esagonale e scanalata al forte. Qui, è punzonata con le parole "EN HORTVNO" a destra e "EHOLEDO" a sinistra, in lettere maiuscole di stile toledano.
Il ricasso è punzonato due volte con un cerchietto decorato da due coppie di pieducci sopra e sotto.
Spada da cavallo, composita
Manifattura dei Paesi Bassi e manifattura italiana
Seconda metà del XVIII secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1042 mm (868-35 mm), 900 g
Inv. 1110
Galleria delle Armi
La spada ha un'impugnatura moderna, realizzata in legno e avvolta da filo di ferro disposto a filetti e teste di moro.
In cima presenta un pomo a fico, intagliato con foglie nella parte superiore. Il blocchetto è decorato con fogliami e la guardia, avvitata al pomo, forma un nodo sotto il collo. La parata si presenta arricciolata alla fine.
Il fornimento include una grande valva bordata a palmette e intagliata a giorno con foglie di vite.
All'interno si trova un ovato raffigurante un mostro marino cavalcato da un ignudo. Un secondo ovato racchiude l'uscita della lama, che ha un tallone sodo e prosegue a sezione esagonale e scanalata lungo il forte.
La lama, molto ossidata, presenta su ogni piatto una marca costituita da mezzelune e trifogli losangati, disposti in modo speculare, accompagnati da un piccolo scorpione schematizzato.
Spada da lato a due calotte, composita
Manifattura dei Paesi Bassi e manifattura italiana
Circa 1640, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1360 mm (1200-25 mm), 1320 g
Inv. 1201
Galleria delle Armi
La spada presenta il manico di legno avvolto da un filo di ferro che forma delle cordelline e teste di moro, con un pomo a fungo a dodici faccette in alto.
La guardia si incurva verso l'alto, è ringrossata nella parte terminale e possiede dei legamenti al ponte maggiore.
La lama ha un ricasso rigato e prosegue, con sezione di losanga, scanalata al forte.
La decorazione dell'arma consiste in due valve a calotta intagliate a giorno con reticolo a cerchietti e otto stelline. Su ciascun piatto è punzonata una croce con i piedi biforchi.
Corsaletto da fante a piedi
Manifattura di Norimberga
circa 1560
Acciaio in parte annerito
10910 g
Inv. 1304
Galleria delle Armi
Il corsaletto è composto da una borgognotta alla leggera, priva di visiera, e da una gola completa del guardacollo, con gli spalletti di sei lame ciascuno. Il busto è caratterizzato da un ampio schienale e da un petto profondamente costolato a «tapul», ovvero con la parte inferiore sporgente a tappo. Nella sezione inferiore vi sono le lame della panziera a cui sono attaccate le scarselle a sette lame, lunghe fin sopra il ginocchio. Inserti ornamentali sono visibili mediante il contrasto tra la superficie annerita, i listelli lasciati bianchi e le decorazioni costituite da liste di varie larghezze, polite e ribassate. La tecnica dell’acciaio annerito consentiva di preservare il materiale dalla corrosione e di facilitare la manutenzione della corazza.
Il corsaletto da fante a piedi è un armamento difensivo «da munizione», generalmente usato per armare i cittadini che venivano reclutati per fornire servizio militare in caso di bisogno. La corazza serviva per proteggere principalmente il tronco: comprende infatti una borgognotta, una gola a spalletti, un petto senza resta e scarselloni molto lunghi; le braccia venivano protette da maglie in ferro o da vere e proprie manopole.
La borgognotta, la gola, il petto e la schiena sono contraddistinti dalla presenza del «punzone di Norimberga», di nove millimetri di altezza, ben impresso sull’acciaio, mentre sul guardacollo appare un rettangolo di circa sette millimetri e mezzo, contenente le lettere maiuscole «PAW» incastrate tra loro, mal impresse sulla lamina metallica. Norimberga era uno dei principali centri tedeschi di produzione di armi e i punzoni permettevano di contrassegnare la produzione e, al contempo, imprimere il marchio di deposito. Il punzone permette così di individuare agilmente il luogo di produzione mentre la datazione è unanimemente riferita al 1560.
Cervelliera
Manifattura europea
XIX secolo
Acciaio
600 g
Inv. 1301
Galleria delle Armi
L’armamento presenta una forma semiovoide lavorata in un’unica piastra d’acciaio, modulata attorno alle orecchie. La superficie è liscia ma punteggiata da piccole forature, disposte perpendicolarmente lungo gli assi centrali, mentre una fitta serie di forellini di farsata è disposta sull’intero perimetro. L’acciaio versa in cattive condizioni di conservazione e presenta un’evidente corrosione intorno al sommo del coppo. L’esemplare Bagatti Valsecchi è riferito all’ambito europeo del XIX secolo.
La cervelliera venne introdotta nel XIII secolo come armamentario di protezione del cranio. La forma originaria prevedeva una calotta metallica, imbottita con una farsata, e un camaglio a protezione di collo e spalle. In disuso nel corso dei secoli successivi, la cervelliera tornò nuovamente in auge a partire dal XVII secolo quando venne reintrodotta, privata della dotazione del camaglio. Il suo utilizzo venne equiparato a quello di una segreta: una protezione da nascondere sotto a un copricapo non difensivo, che poteva trovare applicazione sia in ambito civile che militare. Nel corso del Seicento si diffusero diversi modelli, alcuni dei quali potevano contemplare anche una protezione per le orecchie.
Arnese da artigliere
Manifattura europea
XVII secolo
Acciaio
lunghezza 950 mm
Inv. 0976
Galleria delle Armi
L’arnese è composto da un pomo massiccio innestato alla sommità e da una lunga asta d’acciaio attorcigliata, terminante con una punta mozza.
La produzione dell’esemplare è ricondotta all’ambito europeo del XVIII secolo. Un arnese da artigliere del tutto analogo nella sua conformazione è altresì conservato presso la collezione Bagatti Valsecchi (inv. 1101).
Le artiglierie richiedevano un’accurata manutenzione. Nello specifico, le canne esigevano revisioni frequenti sia per ottenere la massima prestazione, sia per eludere il rischio di crepare il metallo. Gli artificieri infatti – oltre a proteggersi
dal fuoco nemico – dovevano preoccuparsi di scongiurare l’eventualità che la propria bocca di fuoco scoppiasse sul posto durante il tiro.
Questo rischio accrebbe nel corso del XVII secolo a causa della diffusione – per ragioni di natura economica – dell’uso di cannoni in ferro, al posto di quelli in bronzo. Con le nuove tecniche di fusione fu possibile ridurre il peso delle artiglierie di ferro, cionondimeno non si riuscì a reprimere l’azione dello zolfo che, indebolendo il metallo, incrementava il rischio di una probabile esplosione dell’arma durante il suo impiego.
Per prevenire questo pericolo, era necessario agire su due binari paralleli: operare un accurato collaudo in fonderia e verificare lo stato di usura della canna dopo ogni utilizzo. Per effettuare l’intervento di verifica, l’artigliere disponeva di strumenti specifici, fioriti soprattutto a partire dal XVII secolo con la diffusione delle artiglierie.
Si tratta di oggetti pratici e maneggevoli, che potevano essere portati anche sul campo di battaglia e che, frequentemente, racchiudevano più funzioni in un unico strumento. L’esemplare Bagatti Valsecchi, infatti, dispone di pomo montato sul manico, utile ad ispezionare l’anima della canna,
verificando che le pareti interne fossero integre.
Arnese da artigliere
Manifattura europea
XVIII secolo
Acciaio
lunghezza 950 mm
Inv. 1011
Galleria delle Armi
L’arnese è composto da un robusto martello posto alla sommità e da una lunga asta d’acciaio attorcigliata, terminante con una punta mozza.
La produzione dell’esemplare è ricondotta all’ambito europeo del XVIII secolo. Un arnese da artigliere del tutto analogo nella sua conformazione è altresì conservato presso la collezione Bagatti Valsecchi (inv. 976).
Le artiglierie richiedevano un’accurata manutenzione. Nello specifico, le canne esigevano revisioni frequenti sia per ottenere la massima prestazione, sia per eludere il rischio di crepare il metallo. Gli artificieri infatti – oltre a proteggersi dal fuoco nemico – dovevano preoccuparsi di scongiurare l’eventualità che la propria bocca di fuoco scoppiasse sul posto durante il tiro. Questo rischio accrebbe nel corso del XVII secolo a causa della diffusione – per ragioni di natura economica – dell’uso di cannoni in ferro, al posto di quelli in bronzo. Con le nuove tecniche di fusione fu possibile ridurre il peso delle artiglierie di ferro, cionondimeno non si riuscì a reprimere l’azione dello zolfo che, indebolendo il metallo, incrementava il rischio di una probabile esplosione dell’arma durante il suo impiego.
Per prevenire questo pericolo, era necessario agire su due binari paralleli: operare un accurato collaudo in fonderia e verificare lo stato di usura della canna dopo ogni utilizzo. Per effettuare l’intervento di verifica, l’artigliere disponeva di strumenti specifici, fioriti soprattutto a partire dal XVII secolo con la diffusione delle artiglierie. Si tratta di oggetti pratici e maneggevoli, che potevano essere portati anche sul campo di battaglia e che, frequentemente, racchiudevano più funzioni in un unico strumento. L’esemplare Bagatti Valsecchi, infatti, dispone di un martellino montato sul manico, utile ad appurare che l’anima del cannone non celasse lesioni invisibili all’esterno; il suono del metallo percosso dai colpi del martello poteva svelare all’artigliere la presenza di crepe nell’incavo dell’arma.
Partigianone
Manifattura europea centrale
Circa 1520
Acciaio, legno, velluto, ottone, seta
920 (758) mm
Inv. 1198
Galleria delle Armi
L'arma è composta da una gorbia a sezione ottagona, seguita da arresti triangolari con profilo inferiore diritto e terminando con una cuspide molto larga alla base, ogivata in punta, e dotata di una robusta costola triangolare.
La superficie dell'arma è ossidata e presenta diversi guasti. La lunga asta è moderna, rivestita di velluto cremisi, ornata con una nappa di seta rossa e borchie di ottone.
Al posto della ghiera, il piede dell'asta è avvolto con filo di ferro e completo di brocco.
Striscia a tazza, composita
Manifattura europea e manifattura milanese
Circa 1650-1660, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro e d'argento
1130 mm, (990-15 mm), 750 g
Inv. 1141
Galleria delle Armi
La striscia possiede un'impugnatura moderna costituita da legno avvolto da trecciole e teste di moro di filo di ferro. Questo è sormontato da un pomo ovoide lavorato a stiacciature.
La guardia è ampia e ha una curvatura verso l'alto; gli archetti escono dal blocchetto sfaccettato.
La tazza ha otto lobi intagliati a giorno con piccoli triangoli, incorniciati da un'intelaiatura con bordo a cornicette.
La lama è a sezione esagona scanalata ed è in cattive condizioni di conservazione. Alla fine della scanalatura si vede un'agemina d'argento con una croce patriarcale potenziata.
Corsaletto doppio da corazza e da piede, composito
Manifattura europea occidentale
Circa 1610-1620
Acciaio in parte inciso
31400 g
Inv. 1370
Galleria delle Armi
Il corsaletto da corazza è stato realizzato nell'Europa occidentale del 1610 - 1620.
Si compone, partendo dall'alto, da un elmetto da cavallo senza visiera e goletta ad una lama del collo e lame del padiglione con i bordi lisel.
La struttura continua con due spalletti larghi composti da un semicannone inferiore e dal semicannone di antibraccio ed è completa di gambe a crosta con ginocchiali di sedici lame ciascuno.
Si vedono decorazioni a liste incise sul petto e sulla schiena, mentre lungo i bordi si estendono righe incise parallele.
Questa tipologia di corsetto veniva indossata dalla cavalleria grave, attiva Oltralpe nel Seicento, ed è stata progettata per resistere alle armi da fuoco, ormai diffuse in tutta Europa.
La superficie del corsetto è fortemente ossidata e presenta rotture; inoltre, molte delle tracce di pallottole esistenti oggi sono state prodotte volutamente nel XIX secolo.
Corsaletto composito
Manifattura europea occidentale
Fine del XVI e XVII secolo (?)
Acciaio
11690 g
Inv. 1359
Galleria delle Armi
Il corsaletto comprende, nella parte superiore, un elmetto da cavallo con visiera, una goletta a una lama del collo e lame del padiglione.
L'armatura continua con due ampi spalletti di tre più cinque lame ciascuno e scarselle di quattro lame ciascuna. La protezione del braccio manca.
Il petto, seicentesco, ha una forma molto bombata, mentre la schiena è ampia e liscia.
Sulla superficie, molto ossidata, non sono presenti decori.
Le lame sono fissate con ribattini in ottone moderni.
Partigiana
Manifattura europea occidentale
Fine del XVII secolo
Acciaio, legno, ottone, velluto
620 (485) mm
Inv. 1156
Galleria delle Armi
La partigiana è costituita da una gorbia in tronco di piramide decagona smussata e arresti compatti e brevi ad alette con punte sottili. Inoltre, presenta una larga cuspide triangolare con punta ogivata.
L'asta è moderna e rivestita con velluto cremisi, presenta una decorazione con borchie di ottone a spicchi.
Il tutto è completato da una ghiera con brocco.
Partigiana
Manifattura europea occidentale
XVII secolo
Acciaio, legno, velluto, ottone, seta
605 (455) mm
Inv. 1155
Galleria delle Armi
Un'arma composta da una gorbia a forma di tronco di piramide decagona con arresti snelli ad alette rivolte all'insù e con punte sottili.
La cuspide è larga, robusta, costolata su tutta la lunghezza e ogivata alla punta.
L'arma è molto ossidata e presenta dei guasti alla gorbia.
L'asta è moderna e rivestita in velluto cremisi, ha una nappa di seta anch'essa cremisi e borchie di ottone a picchi.
Infine, è dotata di una ghiera con brocco.
Spada da lato a gabbia, composita
Manifattura europea occidentale, manifattura spagnola e manifattura milanese
1630-1640, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di ferro
1250 mm (1060-25 mm), 1300 g
Inv. 1128
Galleria delle Armi
La spada presenta un'impugnatura moderna, composta da legno avvolto da filo di ferro messo a filetti, cordelline e teste di moro; l'impugnatura termina, in alto, con un pomo a tino con diciassette sfaccettature.
La guardia è ampia e termina con un elemento aperto sporgente. Lunghi bracci diritti, leggermente ringrossati, conducono a una lama a sezione esagonale e scanalata fino al forte.
La lama presenta la punzonate le lettere "...NIO" con uno scudetto a calice di tulipano sul lato destro della lama, e un "NO" sopra lo stesso scudetto, sul lato sinistro.
Al forte, la scritta "IESVS" è punzonata due volte sulla destra e una volta sulla sinistra; inoltre, si possono notare tracce di corrosione sulla lama e leggeri danni ai fili.
Alabarda
Manifattura europea occidentale e manifattura tedesca (?)
Fine del XVII secolo
Acciaio, legno, seta, ottone
480 (345) mm
Inv. 1255
Galleria delle Armi
Alabarda composta da una gorbia troncoconica senza bandelle, che prosegue in una stretta costola per terminare con una lama da partigiana con larghe punte triangolari e ampie sagomature a ricciolo.
Il becco di parrocchetto è massiccio e ha dei riccioli diversamente mossi allo stacco.
L'arma ha una breve asta moderna, decorata con resti di una nappa in seta cremisi e borchie di ottone, e una ghiera con brocco.
Mazza d’arme da bambino
Manifattura europea occidentale e manifattura tedesca (?)
Prima metà del XVI secolo
Acciaio intagliato con tracce di argentatura
405 mm, 480 g
Inv. 1333
Galleria delle Armi
Mazza con impugnatura tubolare chiusa da un finale a cupola e poco più sopra da un nodo. L'arma contundente è provvista di testa a sei alette triangolari, tutte fogliate alle coste.
Le decorazioni corrono lungo l'impugnatura con losanghe riempite di squame puntinate, sul manico sono presenti spirali alternate a catenelle e lische.
Probabilmente si tratta di un pezzo di rappresentanza, utilizzato dai giullari di corte.
Cuspide di lancione
Manifattura europea occidentale e manifattura tedesca (?)
XVI secolo
Acciaio
556 (438-460) mm
Inv. 1381
Galleria delle Armi
L'arma comprende una gorbia in tronco di piramide ottagonale che termina con una lunga cuspide triangolare poco costolata a losanga.
Ogni piatto presenta per marchio una piccola colonna posta sotto un trilobo patente.
Non ha bandelle ed è fornita di fori per attaccare l'asta.
La superficie è molto ossidata e con i fili della lama danneggiati.
Segreta
Manifattura europea occidentale, manifattura francese
Seconda metà del XVII secolo
Acciaio brunito
350 g
Inv. 1303
Galleria delle Armi
L’armamento presenta una forma semiovoide composta da stretti listelli d’acciaio brunito, saldati tra di loro. Due liste segnano la circonferenza del cranio mentre una rete composta da sette listelli disposti longitudinalmente e nove trasversalmente forma la semisfera; una placca di acciaio, disposta all’estremità posteriore, funge poi da rinforzo supplementare.
Il nome segreta suggerisce la funzione e la modalità di utilizzo: una protezione da nascondere sotto a un copricapo – di cuoio, di lana o di feltro – non difensivo, che poteva trovare applicazione sia in ambito civile che militare. In alcuni casi, la gabbia poteva essere alleggerita da piastre intagliate a giorno, con nastri metallici bloccati tra loro da ribattini.
La segreta, frequentemente citata anche come scuffia, cervelliera o – con il termine francese – secrète, è un armamento che si diffuse tra il Sei e il Settecento, cionondimeno i primi esemplari si attestano attorno alla fine del XVI secolo. L’esemplare Bagatti Valsecchi è unanimemente riferito alla seconda metà del XVII secolo mentre l’area di produzione non è similmente certa: è dubitativamente legata all’Europa Occidentale, con particolare propensione per l’ambito francese.
Martello d'arme
Manifattura europea orientale, manifattura milanese
XVII secolo, fine del XIX secolo
Acciaio legno velluto rame
654 x 215 mm, 790 g
Inv. 1307
Galleria delle Armi
Il martello d’arme è composto da un manico in velluto liso, già rosso, e una testa caratterizzata da un occhio cilindrico centrale, ornato da linguette laterali sagomate, che si snoda difformemente alle due estremità: sul fronte si assottiglia in una lunga penna leggermente incurvata, appuntita a becco e scanalata sulle facce laterali e oblique, mentre sul retro si articola in un dado sgusciato sul quale si innesta un collo che si allarga nella bocca scalinata. Il manico è interamente ornato da una serie di bullette in rame, disposte attorno alla struttura per formare una decorazione a losanghe.
Il martello d’arme è un’arma da botta usualmente composto da un manico in legno sul quale si innestano le parti metalliche, quali la bocca e la penna. Sin dal XIV secolo faceva parte del corredo armamentario della fanteria a cavallo. In Italia, venne usato in battaglia fino al principio del XVI secolo per poi divenire dotazione dei gentiluomini armati; al contrario, in Europa orientale – specialmente in Polonia e Ungheria – rimase diffuso come arma da cavalleria fino al XVII secolo.
La collezione Bagatti Valsecchi conserva un esemplare analogo (inv. n. 1309) che differisce per la diversa ornamentazione del manico: entrambi i martelli d’arme sono il risultato di un montaggio ottocentesco desunto dall’unione di una testa, riferita alla produzione dell’Europa orientale del XVII secolo, e di un manico prodotto a Milano alla fine del XIX secolo.
Modello di mortaio completo di affusto
Manifattura europea, manifattura italiana o manifattura francese (?)
XVII secolo
Bronzo, legno
14.980 g; mortaio 8380 g; calibro 79 mm
Inv. 1369
Galleria delle Armi
Un mortaio in bronzo giallo del Quattrocento, possiede una canna con un focone nello scodellino e una culatta rinforzata.
Presenta un affusto a ceppo in legno con ferrature broccate e ferrature a tre cuspidi forate sui lati.
Fa parte delle bocche da fuoco ad anima corta; utilizzato per il lancio di proiettili, in pietra o esplosivi, il mortaio veniva montato su un ceppo più pesante e stabile per scaricare la forza esplosiva sul terreno circostante.
Questi modelli erano utilizzati anche come strumenti militari per l'addestramento dei giovani artiglieri. Oggi, solo pochi esemplari sono scampati dalla fusione.
Martello d'arme
Manifattura europea orientale, manifattura milanese
XVII secolo, fine del XIX secolo
Acciaio legno velluto rame
590 x 220 mm 780 g
Inv. 1309
Galleria delle Armi
Martello d’arme composto da un manico in velluto rosso e una testa caratterizzata da un occhio cilindrico centrale, ornato da linguette laterali sagomate, che si snoda difformemente alle due estremità: sul fronte si assottiglia in una lunga penna leggermente incurvata, appuntita e definita da sei costole longitudinali, mentre sul retro si articola in un dado sgusciato sul quale si innesta un collo ottagonale che si allarga nella bocca. Il manico è interamente ornato da una serie di bullette stellate in rame, riunite a gruppi di quattro e disposte a forma romboidale; la struttura è infine rifinita alla base con una ghiera metallica.
Il martello d’arme è un’arma da botta usualmente composto da un manico in legno sul quale si innestano le parti metalliche, quali la bocca e la penna. Sin dal XIV secolo faceva parte del corredo armamentario della fanteria a cavallo. In Italia, venne usato in battaglia fino al principio del XVI secolo per poi divenire dotazione dei gentiluomini armati; al contrario, in Europa orientale – specialmente in Polonia e Ungheria – rimase diffuso come arma da cavalleria fino al XVII secolo.
La collezione Bagatti Valsecchi conserva un esemplare analogo (inv. n. 1307) che differisce per la diversa ornamentazione del manico: entrambi i martelli d’arme sono il risultato di un montaggio ottocentesco desunto dall’unione di una testa, riferita alla produzione dell’Europa orientale del XVII secolo, e di un manico prodotto a Milano alla fine del XIX secolo.
Sprone a stella
Manifattura francese
Metà del XVIII secolo
Inv. 1317
Galleria delle Armi
Lo Sprone è composto da branche piatte e decorate con cordonature, mentre le estremità sono a forma di lira. La grande stella a otto raggi, alternati con otto cuspidine, è posta nella forcella che esce dalla calice che segue la rosetta intagliata a giorno.
Lo sprone fa parte della tipologia chiamata "Louis XIV", nel XIV secolo era molto diffusa durante il regno di Luigi XIV.
Il modello "Louis XIV" fu particolarmente popolare in America centrale, specialmente in Messico. Rispetto agli sproni europei, quelli messicani si distinguono per le dimensioni più grandi di ogni componente, con una rosetta e una stella dalle forme marcatamente esagerate.
Morso da cavallo “a cannone intero”
Manifattura francese (?)
Primo XVIII secolo
Acciaio intagliato
950 g
Inv. 1321
Galleria delle Armi
Il morso ha un'imboccatura rigida composta da due coni saldati al centro, con stanghette e guardie a sgusci e cuspidi alterni.
Il barbozzale è molto robusto, con tre grandi maglie intagliate a doppia dentellatura.
Le guardie alle catenelle sono decorate con intagli a farfalla e campanelle per le redini, anche se una di queste è andata perduta.
La funzione del barbozzale è fondamentale poiché agisce come una leva sulla mascella inferiore del cavallo, e la sua efficacia aumenta grazie alle maglie pesanti e dentate in questo morso.
Sprone a stella
Manifattura francese o america centrale
Seconda metà del XVIII secolo
Acciaio intagliato a giorno
300 g
Inv. 1330
Galleria delle Armi
La forcella è composta da branche piatte decorate con varie cordonature, dalle estremità a forma di lira. Sono presenti una grande rosetta intagliata a giorno e una calice dal quale esce la forcella che reca una grande stella a otto raggi alternati con otto cuspidine. Questo modello, chiamato "Louis XIV", era molto popolare in America Centrale, soprattutto in Messico.
A differenza degli sproni europei, quelli messicani sono caratterizzati da dimensioni più ampie dei singoli componenti, in particolare la rosetta e la stella che hanno forme esageratamente grandi.
Sprone a stella
Manifattura francese o manifattura tedesca
Circa 1590 - 1610
Acciaio
155 g
Inv. 1323
Galleria delle Armi
Lo sprone si presenta con delle branche leggermente incurvate e a sezione semiovata. Restringendosi in larghezza verso gli estremi, le branche terminano con doppi occhi, in obliquo, con tre grappe sagomate. La stella a cinque punte è posizionata nella forcella collegata allo sprone grazie al piccolo collo a forma di ghianda,
Lo sprone è uno strumento per sollecitare il cavallo, veniva utilizzato per liberare le mani dal cavaliere dalla frusta e divenne popolare tra le popolazioni barbariche, in particolare i Celti.
Fu un simbolo dell'armamento del cavaliere medievale, tanto che fece parte del suo corredo funebre.
La sua forma cambiò nel tempo passando dai modelli a brocco a quelli a rotella o a stella.
Gli sproni con collo a ghianda sono solitamente di provenienza francese o tedesca, dove la quercia è un simbolo nazionale.
Spiedo ad ali di pipistrello
Manifattura italiana
Circa 1530
Acciaio, legno, velluto, ottone, seta
625 (385) mm
Inv. 1192
Galleria delle Armi
L'arma è costituita da una gorbia a tronco di piramide decagona, dotata di una nervatura robusta che termina con una cuspide triangolare.
All'intersezione, la cuspide presenta due dentini ornamentali su ciascun lato, mentre in basso si trovano due cuspidi massicce più piccole, inclinate verso l'esterno, con profilo esterno dentato.
Lo spiedo è contrassegnato da un marchio a rocchio punzonato sui piatti.
La breve asta, moderna, è rivestita di velluto cremisi ed è ornata con borchie e gigli araldici in ottone.
Completa l'arma una nappa di seta cremisi e una ghiera con brocco.
Daghetta da caccia completa di fodero, composita
Manifattura francese meridionale e manifattura milanese
XVII secolo, fine del XIX secolo
Acciaio, legno, filo di rame, seta
375 mm (252-16 mm), 240 g
Inv. 1305-1337
Galleria delle Armi
Daghetta composita caratterizzata da una lama robusta, due bracci alla valenzana, scartocciati alle estremità, e un’impugnatura in legno, modellata a tortiglione e avvolta da un filo di rame lavorato a cordelline e teste di moro. All’estremità inferiore dell’impugnatura si articolano un anello, cordonato all’attaccatura e costolato sulla sommità, e un tallone sodo dorato che si sviluppa a sezione di losanga; la superficie del tallone è marcata con una «R» di quattro millimetri, applicata verosimilmente nell’Ottocento.
All’apice dell’impugnatura si innesta un pomo all’iberica, prodotto in acciaio brunito e ornato da sottili incisioni che riproducono elementi fitomorfi; le medesime cesellature con motivi vegetali sono proposte altresì sul tallone della lama e sull’anello alla base dell’impugnatura.
La daghetta è corredata da un fodero in legno ricoperto di seta granata, che versa in discrede condizioni di conservazione. La custodia è arricchita da un astuccio laterale, atto a conservare eventuali lame aggiuntive, ed è rinforzata da una cappa e da un puntale metallico ornato ensuit.
La produzione dell’esemplare Bagatti Valsecchi è massimamente riferita all’area della Francia meridionale degli inizi del XVII secolo con integrazioni aggiunte nelle botteghe milanesi nel XIX secolo.
Spiedo ad ali di pipistrello
Manifattura italiana
Circa 1530
Acciaio, legno, velluto, ottone, seta
600 (360) mm
Inv. 1194
Galleria delle Armi
L'arma è costituita da una gorbia a tronco di piramide ottagona, senza bandelle, che continua con una nervatura robusta, terminando in una cuspide triangolare.
La cuspide presenta due dentini ornamentali su ciascun lato, di cui uno spezzato.
In basso si trova un'altra cuspide, di dimensioni minori e sottile, inclinata verso l'esterno e con un profilo esterno dentato due volte.
L'arma è dotata di una breve asta moderna, rivestita di velluto cremisi e ornata con borchie e gigli araldici in ottone. Completa il pezzo una nappa di seta cremisi, ma è priva della ghiera con brocco.
L'arma appare molto corrosa.
Lo spiedo è contrassegnato da un marchio a rocchio punzonato su ciascun piatto.
Spiedo ad ali di pipistrello
Manifattura italiana
Metà XVI secolo
Acciaio, legno, ottone, seta
584 (400) mm
Inv. 1260
Galleria delle Armi
L'arma è composta da una gorbia in tronco di piramide decagonale con breve bandelle, seguita da una nervatura robusta e una cuspide triangolare da spiedo.
La cuspide ha merli guelfi ornamentali su ciascun lato e le alette in basso sono costituite da cuspidi costolate in obliquo.
L'intera superficie presenta ossidazioni e danni.
La breve asta è moderna e decorata con borchie di ottone e una nappa di seta rosso cremisi.
Il tutto viene completato da una ghiera con brocco.
Morso da cavallo a "scaccia"
Manifattura italiana
Prima metà del XVII secolo
Bronzo dorato
1220 g
Inv. 1320
Galleria delle Armi
Morso in bronzo dorato per cavalli con un'imboccatura articolata in due coni snodati ai vertici e fissati alle stanghette con grande barbozzale.
Le guardie sono brevi e arcuate, con grandi voltoi bloccati da un distanziatore rigido; il tutto è corredato di ganci e campanelle per le redini.
Sono stati trovati morsi di bronzo durante scavi archeologici che interessavo beni di epoca romana, etrusca e celtica, ma esemplari così sono rari in epoca moderna.
Questo tipo di morso è stato definito anche come "scaccia".
Scure "tabar" con canna da fuoco e stilo
Manifattura Indiana di Mogul
seconda metà del XVIII secolo.
Acciaio argento in parte dorato
654 x 115 mm 980 g
Inv. 1308
Galleria delle Armi
Scure in acciaio composta da una testa con gli strumenti da taglio, uno stilo inserito nella bocca e un manico tubolare, cordonato sulla lunghezza, che al contempo funge da canna da fuoco con scodellino emisferico. La testa si articola difformemente alle due estremità: sul fronte si sviluppa la lama con taglio lunato – con il profilo superiore lineare e quello inferiore concavo e declinato leggermente a becco – mentre sul retro si colloca un modesto martello con il battente largo. La bocca che lega le due sezioni è lavorata a madrevite e cela al suo interno lo stilo, caratterizzato da un manico sottile, già argentato, e da un pomo che costituisce congiuntamente anche l’impugnatura della scure.
Il ferro e la testa del martello sono decorati con raffinati motivi fitomorfi a kufgari in argento, parzialmente dorato: una tecnica analoga all’agemina che prevedeva di ottenere decorazioni policrome mediante l’intarsio di diverse colorazioni di metalli.
L’esemplare Bagatti Valsecchi rappresenta un’arma combinata ovvero un oggetto ambivalente che comprende l’assemblaggio di armi tecnicamente diverse. Nella sua forma principale è un «tabar» indiano, arma molto simile al «tabarzin» persiano: una scure diffusasi nel Mahratta – specialmente nello Jodhpur – che veniva appesa all’arcione della sella e lanciata, dai cavalieri moghul, durante la carica al galoppo.
Dopo l’avvento delle armi da fuoco, in Europa venne avviata un’ampia sperimentazione attorno alla produzione di armi combinate, al fine di coniugare in un unico oggetto tecniche differenti. Nel corso del XVI secolo furono testati numerosi armamenti – rotelle, pugnali, balestre, scuri e martelli d’arme – combinati alla funzione di sparare; talvolta, questi congegni celavano un terzo elemento, spesso costituito da uno stilo, come nell’esemplare Bagatti Valsecchi. Ad ogni modo, si trattava di oggetti sperimentali, spesso caratterizzati da un funzionamento poco efficiente a causa della precarietà del montaggio di armi eterogenee.
Sebbene le armi combinate siano un’invenzione specificatamente occidentale, è possibile ricondurre la realizzazione della scure Bagatti Valsecchi all’ambito indiano – in particolare di Moghul – del XVIII secolo; tale produzione, pertanto, dovette verosimilmente ispirarsi a modelli tipicamente europei. La raffinata decorazione riportata sulle parti metalliche e la complessità di assemblaggio delle diverse armi suggeriscono oltretutto una destinazione prettamente cerimoniale e non da guerra.
Ferro di buttafuori trasformato in scure
Manifattura italiana
XVII secolo
Acciaio inciso legno velluto rame
605 mm 500 g
Inv. 1306
Galleria delle Armi
L’armamento è composto da un lungo manico tubolare in velluto liso, già rosso, con ghiera di raccordo sulla quale si innesta una testa in acciaio, articolata difformemente alle due estremità: sul fronte si sviluppa la scuricina mentre sul retro si incunea una decorazione formata da quattro artigli d’aquila. L’occhio e il collo della scuricina sono caratterizzati da incisioni vegetali mentre il filo è ornato a giorno da un traforo costituito da tre lobi centrali e due cuspidi arcuate laterali; il manico è granato e imbullettato a scaglionetti diritti e rovesci.
Originariamente, l’esemplare rientrava nel novero delle armi da buttafuori, caratterizzate da un manico tubolare culminante in una lama lunga e stretta, frequentemente corredata da una stampella o due rebbi; l’oggetto è stato successivamente privato della lama e trasformato in scure.
L’armamento è unanimemente riferito dalla critica alla produzione italiana della metà del XVII secolo
Paio di staffe
Manifattura tedesca
Metà XVII secolo
Acciaio intagliato e già dorato
400 g e 300 g
Inv. 1314 - 1315
Galleria delle Armi
Le due staffe sono costituite da due bracci elaborati a cordoni e con teste d'uccello stilizzate sagomate nelle estremità; sulla sommità dei bracci è presente un occhio girevole per lo staffile.
La panca di forma ovata consentiva l'appoggio del piede.
Il predellino si stringe verso il centro formando un cerchio.
Presentano una forma alleggerita rispetto ai modelli del Quattrocento e Cinquecento, con decorazioni tipiche del Seicento.
La staffa, nella storia, ha contribuito all'espansione delle popolazioni barbariche in Europa, grazie al miglior sostegno per il cavaliere e a una distribuzione equilibrata del peso.
Queste due staffe furono acquistate nel 1881 dal negozio di Giuseppe Baslini per la collezione Bagatti Valsecchi.
canna di scoppietto
Manifattura italiana
Metà del XVI e fine del XIX secolo
Acciaio
560 mm; 3000 g; calibro 14, 5 mm
Inv. 1336
Galleria delle Armi
Canna di scoppietto caratterizzata da un corpo tubolare snodato attorno a due differenti ordini, divisi tra loro da fascette intermedie formate da profilature gravate. Il primo ordine è costituito dalla parte della culatta, distinta da una superficie lavorata a nastri intrecciati e dotato di un focone di sette millimetri di diametro. Il secondo ordine è composto dalla parte della volata, definita da incisioni poste all’estremità della canna, rappresentanti un muso squamato di drago che, con le sue fauci dentate, delimita la bocca dell’arme.
La produzione dell’esemplare Bagatti Valsecchi è riferita all’ambito italiano della metà del XVI secolo con integrazioni datate al XIX secolo. Nell’Ottocento la canna è stata invero modificata per essere trasformata in un modellino d’artiglieria: la culatta è stata integrata da due «orecchioni» e sul retro è stato aggiunto un occhio.
Lo scoppietto è uno dei primi esemplari di arma da fuoco individuale portatile e il suo utilizzo è documentato dalla fine del XV secolo fino al termine del secolo seguente. Si tratta di un’arma di media lunghezza, più corta di un archibuso ma tecnicamente compresa nel novero delle armi da fuoco lunghe. Rispetto alle coeve armi da fuoco, lo scoppietto presenta una canna molto più robusta e pesante, in grado di resistere allo scoppio di una carica di polvere di peso uguale a quello della palla di piombo del proiettile, ovvero il doppio dell’ordinario.
In epoca rinascimentale, le canne di scoppietto terminanti a bocca di drago hanno goduto di ampia fortuna, cionondimeno questi esemplari si sono conservati con molta difficoltà poiché nel corso del tempo furono destinati alla fusione, volta al recupero del metallo. Le armi sopravvissute – conservate oggi nelle principali collezioni internazionali – si sono salvate grazie ad adattamenti postumi, ottenuti rimontando le canne su casse con meccanismi tecnicamente più moderni.
Bastone
Manifattura italiana settentrionale
XIX secolo
Acciaio intagliato e brunito
855 mm 800 g
Inv. 1310
Galleria delle Armi
Bastone in acciaio brunito composto da un puntale sagomato, un corpo tubolare e un pomo modellato come uno teschio d’uomo, chiuso in un elmetto da cavallo crestato, con visiera di tre lame. La struttura è suddivisa in sei campi longitudinali, distinti tra loro da filetti rilevati, e ornata da geometrici motivi a losanghe; alla sommità, sotto al pomo, sono presenti due fori destinati al cappio.
Il bastone, nel suo impiego più comune, è stato usato come supporto per il passeggio o come arma rudimentale. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo divenne un indispensabile corredo all’abbigliamento borghese maschile: le scarse condizioni di sicurezza e la stringente normativa, che impediva ai cittadini di armarsi, causarono, nel pieno Ottocento, un aumento esponenziale della produzione di oggetti che nascondevano, oltre all’uso comune, una valenza protettiva. I bastoni rappresentavano bene queste esigenze poiché potevano essere dotati di lame estraibili o perfino di congegni a fuoco.
L’esemplare Bagatti Valsecchi è riferito alla produzione norditaliana del XIX secolo e non cela alcun ordigno segreto ma, a differenza dei comuni bastoni di supporto – realizzati con i materiali tradizionali quali il legno, la canna di bambù e il corno – è modellato in acciaio per garantire un buon grado di sicurezza personale in caso di aggressione.
Mazzafrusto
Manifattura italiana settentrionale
XIX secolo
Acciaio ferro legno
505 mm; 1020 g
Inv. 1313
Galleria delle Armi
L’armamento è composto da un’impugnatura in legno sagomata, terminante con una ghiera, sulla quale si innesta un anello che racchiude cinque catene caratterizzate da una piccola sfera metallica, di ventitré millimetri di diametro, posta all’estremità.
Le catene sono definite da due tipologie di maglie differenti: quelle esterne e quella centrale presentano una semplice maglia «a otto», mentre le catene intermedie sono rafforzate da un ferro che sporge dall’intreccio della maglia similmente «a otto».
Il mazzafrusto è un’arma tipicamente contadina, composta generalmente da un lungo manico in legno sul quale si innestano una o più catene culminanti con sfere di ferro o di acciaio. Tra il XIV e il XV secolo, quest’arma è stata usualmente impugnata dai braccianti a piedi poiché le tipologie per l’utilizzo del mazzafrusto dal destriero si differenziano per le dimensioni più ridotte.
L’esemplare Bagatti Valsecchi è unanimemente riferito al XIX secolo, ed è il frutto di una fabbricazione che ha interpretato liberamente la tipologia medievale, seguendo i canoni dettati dall’istorismo ottocentesco.
Lo studio dell’archivio economale della famiglia Bagatti Valsecchi ha permesso di accertare che il mazzafrusto fu acquistato da Giuseppe Baslini il 28 aprile 1884 – insieme ad altri oggetti ancora oggi riconoscibili nella collezione milanese – come testimoniato dalla fattura emessa dallo stesso antiquario, e da suo nipote, Romeo Rainoldi, in data 28 febbraio 1885.
Baraki, testiera da cavallo
Manifattura persiana per committenza ottomana
Circa 1530-1550
Acciaio sbalzato e inciso
1450 g
Inv. 1177
Galleria delle Armi
La testiera è di grandi dimensioni e si presenta con una piastra principale con sei scanalature centrali che si biforcano alle estremità e tre scanalature intorno alle orecchie.
L'insieme viene completato da due para-guance tenuti dalle maglie in ferro.
Decorata con motivi floreali incisi, sulla fronte della testiera è presente un cartiglio con un'iscrizione islamica in caratteri kufici e, sul lato sinistro, un bollo di arsenale ottomano.
La lavorazione del metallo a scanalature potrebbe trovare la sua origine nel confronto con le armature in uso dalle truppe asburgiche della prima metà del Cinquecento.
La testiera è stata realizzata dopo il 1520 e mostra elementi di gusto persiano. Il tulipano, il garofano e il fiore del prugno furono gli ornamenti più frequenti sulla ceramica, tessuti e decorazione delle armi dell'epoca.
Nonostante la funzione protettiva della testiera, essa aveva anche una funzione scenografica, riprendendo le fattezze degli animali mitologici.
Camicia di maglia
Manifattura tedesca meridionale o manifattura italiana
seconda metà del XVI secolo
Acciaio
altezza 690 mm; 4200 g
Inv. 1300
Galleria delle Armi
Camicia in maglia d’acciaio, riferibile del XVI secolo, caratterizzata da: mezze maniche, terminanti a punta, un ampio scollo tondo, che conserva resti di un’allacciatura di pelle, e due brevi spacchi posizionati sul fronte e sul retro nella zona del cavallo. La maglia è composta da anelli molto fitti e minuti – del diametro di soli sei millimetri – ed è assemblata con la tecnica «a grano d’orzo».
Questa prevede l’unione di anelli interi, ricavati nella lamina d’acciaio, in cui si inseriscono anelli aperti e richiusi successivamente, sovrapponendo le due estremità, sigillate infine con un pernietto. Il perno ribattuto genera una piccola sporgenza che suggerisce proprio il nome della tecnica. Il numero di anelli a «grano d’orzo» inseriti determina conseguentemente la consistenza della trama: l’esemplare della collezione Bagatti Valsecchi prevede l’inserimento di quattro anelli aperti su ogni anello chiuso. Questa lavorazione consente un’ottima resistenza ai colpi avversari, infatti questi modelli venivano usualmente indossati sotto alcuni tipi di corsaletti, tra cui quello da cavallo leggero, da piede e da fante a piedi.
Tuttavia, il termine camicia è improprio poiché, ricalcando i modelli diffusi in occidente, la maglia propone un’unica pezza di “tessuto” con un solo spacco per infilare la testa; i modelli di provenienza islamica, al contrario, prevedevano una vera e propria apertura frontale che veniva chiusa con stringhe di cuoio.
Lo studio dell’archivio economale della famiglia Bagatti Valsecchi ha permesso di accertare che la camicia di maglia fu acquistata da Giuseppe Baslini l’8 dicembre 1881 – insieme ad altri oggetti ancora oggi riconoscibili nella collezione milanese – come testimoniato dalla fattura emessa dallo stesso antiquario in data 10[?] gennaio 1882.
maschera detta da giustizia
Manifattura tedesca o inglese
XIX secolo
Acciaio brunito;
1100 g
Inv. 1302
Galleria delle Armi
Maschera in acciaio brunito, modellata con i lineamenti di un uomo calvo di mezza età e composta da due parti congiunte, divise sotto la linea orbitale: la sezione superiore comprende parte della calotta, la fronte, gli occhi e l’attaccatura del naso mentre quella inferiore ingloba il resto del volto e parte del collo. La bocca e le narici presentano vere e proprie fessure mentre gli occhi sono evidenziati da forature sagomate; altri forellini sono presenti alle estremità delle orbite.
Le due sezioni che compongono la maschera sono state prodotte nel nord Europa – verosimilmente in Germania o in Inghilterra – in epoche differenti, per poi essere assemblate in un unico manufatto nel XIX secolo. La porzione inferiore è riferita alla produzione settecentesca e presenta una modellatura più raffinata, di retaggio barocco, mentre quella superiore, di manifattura ottocentesca, è caratterizzata da tratti più grossolani e approssimativi. Per conferire un aspetto unitario all’armamento, al momento dell’assemblaggio è stata operata la brunitura dell’intera superficie.
La definizione «maschera da giustizia» discende dalla tradizione del romanticismo ottocentesco, periodo in cui nelle armerie fiorirono oggetti fortemente caratterizzati da elementi macabri. Gli unici riscontri invero si possono instaurare con manufatti del tutto inventati, esposti nelle cosiddette «sale di tortura» ottocentesche. L’unicità dell’esemplare genera numerose incognite sulla sua conformazione che evoca due modelli diversi: le maschere da guerra romane di epoca imperiale – comunemente realizzate in bronzo – e le maschere funebri diffusesi tra i popoli della steppa.
Lo studio dell’archivio economale della famiglia Bagatti Valsecchi ha permesso di accertare che la maschera fu acquistata dall’antiquario Giuseppe Baslini il 28 marzo 1884. Tale acquisto è testimoniato dalla fattura emessa dallo stesso mercante, e da suo nipote Romeo Rainoldi, in data 28 febbraio 1885. Il documento permette di accertare che la maschera fu acquistata congiuntamente a due tovaglie, per una spesa complessiva di millecentocinquanta lire.